Diventa te stesso – I discorsi di Shunryū Suzuki Roshi

Ogni giorno è un buon giorno perché non siamo di questo mondo, siamo solo di passaggio. Ne ho fatto esperienza qualche giorno fa praticando la Meditazione camminata.

Stavo conducendo una sessione del Protocollo MBSR per la riduzione dello stress. Anche gli istruttori meditano mentre insegnano e guidano i propri allievi.

In un momento di silenzio, ecco arrivare quello che viene definito un “insight”, un’intuizione.

Mi è arrivato chiaro come un fulmine: non siamo di questo mondo. Un po’ come la famosa frase “essere nel mondo ma non del mondo”. Però un conto è leggerla e realizzarla solo a livello intellettuale, un conto è incarnare queste parole, sentirle e capirle nel profondo del proprio cuore-mente, kokoro, in giapponese.

Una volta tornata a casa, mi sono messa a leggere il nuovo libro di un autore che tutti conosciamo per aver scritto “Mente zen. Mente di principiante”, un bestseller del mondo della meditazione. Ma questo nuovo libro è speciale, è tratto da molti dei suoi discorsi ancora inediti, pubblicato da UbiliberQuando tu sei tu”. Il titolo originale sarebbe “Becoming Yourself”, diventare te stesso, che è il senso del libro, così come del buddhismo zen, di cui questo autore è stato uno dei più grandi maestri. Sto parlando di Shunryū Suzuki Roshi.

Insomma, faccio esperienza di questa intuizione, e poi nel libro leggo le parole di Suzuki: “Ogni giorno è un buon giorno. Quando capisci esattamente “c’è” e “non c’è”, allora godi di una libertà assoluta da tutto e puoi apprezzare le cose nel loro vero senso. […] quando succede qualcosa, potresti non sentire niente: la sensazione del “niente” sta accadendo nel grande universo, compresi il sole, la luna e le stelle lucenti che vedi nella valle di montagna. Quando vedi tante stelle, senti l’enorme vacuità del cielo. Non stai solo guardando le stelle, in realtà stai sentendo la vastità del cielo. In breve, sei sempre coinvolto nella vita del “c’è” e “non c’è””.

Bisognerebbe cessare di definire tutto come “abbastanza”, “non abbastanza”, “buono” o “cattivo”, “giusto” o “sbagliato”; non è così che coglieremo la vera natura delle cose così come sono. Solo con una mente calma si può apprezzare la vastità dell’essere.

“A volte metto in risalto il contesto intellettuale dell’insegnamento buddhista, ma la cosa più importante è avere la reale sensazione della pratica”.

Ecco di cosa si tratta, di stare semplicemente seduti, shikantaza, come insegnava anche il maestro Eihei Dōgen, o di praticare la meditazione camminata, ed essere semplicemente sé stessi, aperti e pronti a diventare noi stessi.

“Essere così come sei con tutto il cuore, un momento dopo l’altro, qualsiasi cosa stia succedendo”.

Sei nel bosco? Stai semplicemente nel bosco e apprezza la sensazione di essere lì. E così se sei ai fornelli o seduto nella tua auto.

Essere felici significa apprezzare la sensazione della felicità.

Suzuki definisce lo zen in poche parole: “Condividere le nostre sensazioni con le persone, con gli alberi e con le montagne, ovunque siamo. E questa è la pratica dello zen”.

Dovremmo imparare a non riempire la nostra vita e la nostra mente di “spazzatura”. Praticare dimenticando noi stessi, dimenticando dove ci si trova e da quanto tempo si è lì, allora sì che la pratica includerà tutto.

“Il fatto che sei qui significa che sparirai. Le cose che esistono sono destinate a sparire, e le cose che raggiungi non possono essere mantenute in eterno. L’unica cosa che esiste per sempre è ciò che esiste prima che tutto il resto appaia. Finché cerchi qualcosa, otterrai l’ombra della realtà, non la realtà stessa. Solo se non cerchi niente lo troverai, e solo quando non aspiri all’illuminazione la raggiungerai. Se cerchi di afferrare qualcosa, la perdi”.

L’illuminazione è qualcosa che c’è sempre, rendersi conto di questo vuol dire essere illuminati. Non si tratta di qualcosa da raggiungere. Si tratta di non cercare nulla e di non aspettarsi nulla: “Quando accetti te stesso come Buddha – o intendi ogni cosa come uno svolgimento dell’insegnamento assoluto, la verità, il primo principio o una parte del grande essere – , allora qualsiasi cosa pensi o vedi è l’effettivo insegnamento del Buddha, e qualsiasi cosa fai è l’effettiva pratica del Buddha”.

Diventare noi stessi senza cercare noi stessi. Senza nemmeno provare a capire chi siamo: “Non appena intellettualizzi qualcosa, già non è più solo quello che hai visto”.

E c’è un passaggio in questo libro che mi ha colpito molto. È l’insegnamento più grande per chi vuole intraprendere il cammino della meditazione. Suzuki dice che ciò di cui abbiamo bisogno è solo una piccola stanza per noi stessi: “Se puoi davvero trovare te stesso in una piccola stanza, allora lì dentro ci sei tu stesso e l’intero universo è lì, e per te acquista senso. Senza la tua stanzetta, l’intero universo non ha alcun senso”.

Non si tratta di qualche pratica strana o misteriosa, ma solo di trovare noi stessi in una stanzetta: “Trovare la vera gioia sotto qualche limitazione è la via per realizzare l’intero universo”.

Basta abbandonare le discriminazioni e le sciocche idee di libertà. Questa è la via della pratica: “Non c’è altro modo per noi di avvicinarci all’intero universo. Quando esisti precisamente qui, l’intero universo per te ha senso prima ancora che tu ci possa pensare”.

Non dobbiamo desiderare una mente pura ma desiderare di essere consapevoli della nostra vera natura che è al di là di ciò che è impuro e puro. Solo questo ci permetterà di restare seduti senza pensare e senza continuare ad essere infastiditi da suoni o sensazioni o da qualunque cosa appaia nella nostra mente.

Leggendo “Quando tu sei tu”, sembra ancora di sentire le risate di Suzuki. Perché se c’era una cosa che per lui era importante, questa cosa era l’umorismo: “Praticare zen vuol dire anche comprendere quanto la nostra vita sia ironica”.

Ricordarci che siamo di passaggio, e invece di andare in panico o rattristarci, rendere ogni giorno un buon giorno.

 

 

 

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