Mindful Yoga nel deserto degli Emirati Arabi, il reportage

C’è qualcosa che urla nel deserto. Qualcosa che grida il tuo nome.

È un richiamo lontano, paterno.

Nel deserto il tempo si ferma, smette di esistere.

L’illusione dell’io è quasi immediata.

Non si è più niente eppure si è tutto.

Nel deserto trovano pace sia il credente sia l’ateo.

Non c’è bisogno di risposte, non esistono più dubbi.

Più si rimane nel deserto più si percepisce l’origine del tutto, ed è possibile sentire Dio o il nulla in tutta la loro magniloquenza.

Auguro a tutti di vivere il deserto almeno una volta prima di morire, perché è là che ci si trova, è là che molte questioni diventano chiare.

Andare nel deserto dovrebbe essere un pellegrinaggio obbligatorio per l’uomo, all’inizio o alla fine della propria esistenza.

È là che si capisce chi siamo, quanto siamo infinitesimali al cospetto dell’universo e quanto tutto sia connesso.

È là che si percepisce quanto tempo perdiamo dietro questioni inutili.

È là che la morte non fa più paura.

È là che non siamo più soli.

 

 

Questa è la mia lettera d’amore per il deserto scritta di ritorno dal nostro ritiro yoga negli Emirati Arabi che si è tenuto dal 25 aprile al 1 maggio 2019.

 

È stato un viaggio stupendo, perfetto. Non è mancato niente: il deserto, il mare, la città, lo yoga, la meditazione, il divertimento, la condivisione, la serenità, la consapevolezza.

 

Viaggiare ci illumina, ci migliora, e praticare yoga in luoghi come il deserto è qualcosa che va provato in prima persona per capire quanto possa essere potente.

 

Tutto è filato liscio e purtroppo è finito troppo presto.

 

Le persone incontrate durante il nostro soggiorno si sono rivelate di una gentilezza disarmante. E Dubai è davvero magica, si può trovare di tutto, dai beduini con i loro cammelli, alle piste di pattinaggio dentro i centri commerciali.

 

Qui il nostro foto report del ritiro Yoga nel deserto e del viaggio a Dubai!

 

    

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