Non mi reputo fortunata nell’essere riuscita a trovare il mio scopo nella vita. Ho dovuto affrontare molte difficoltà, è stato un lavoro duro e impegnativo.
Ci vogliono costanza, volontà, disciplina e molto altro ancora per capire chi si è e chi si vuole diventare.
Certo, nel mio caso avevo già una certa inclinazione per la scrittura, e fin da quando sono bambina.
Ero l’unica alunna cui batteva il cuore per l’emozione ogni volta che ci veniva assegnato un tema da scrivere in classe.
Ero felice, la bambina più felice del mondo. Mi mettevo a scrivere, e il resto del mondo scompariva, tutto assumeva senso.
E questa passione me la sono portata dietro anche una volta diventata adolescente. Fu mia madre a regalarmi il mio primo diario segreto, di quelli con il lucchetto.
Ho ben ventidue diari che conservo ancora oggi. Sono stati la mia scuola di scrittura creativa adolescenziale.
Lì dentro potevo dire e dirmi tutto. Non c’erano muri, finzioni, censure, ipocrisie. Scrivevo cosa mi accadeva, cosa sentivo, cosa pensavo.
Una volta cresciuta, ho fatto molti lavori, ma nulla mi soddisfaceva. Non avevo grandi ambizioni, anzi, non sapevo minimamente cosa sarei voluta diventare.
A nove anni sognavo di fare la paleontologa, a diciotto di morire a ventisette anni come le rock star.
Ci è voluto molto tempo per capire che avrei voluto scrivere, soprattutto per trovare il coraggio di dire a me stessa e ai miei genitori che sognavo di diventare una scrittrice.
Io ero figlia di un portinaio e di una casalinga, l’unico scopo era trovare un lavoro che mi permettesse di portare il cibo in tavola. Niente più.
SCRIVERE
Durante l’adolescenza iniziai a soffrire d’ansia e di attacchi di panico. Sono cresciuta in una famiglia disfunzionale, ho dovuto affrontare molti problemi. Il tema del mio prossimo libro sarà proprio questo.
Quando ero giovane ho fatto ricorso ad alcol e droghe. Ne sono uscita. Ho preso psicofarmaci. Ne sono uscita. Ho visto molti psicologi. Ne sono uscita.
Ma mi mancava qualcosa. Nonostante non soffrissi più come un tempo, sentivo un grande vuoto dentro.
Ricordo come fosse ieri il giorno in cui portai al lavoro il computer portatile di un mio ex fidanzato. Stavo lavorando come segretaria in uno studio legale e avevo dei tempi morti.
Di solito leggevo, ma quel giorno decisi di cominciare a trascrivere i miei diari. Volevo farne un romanzo.
Ne venne fuori un libro di quasi quattrocento pagine. Rubo ancora dei pezzi da quel romanzo che comunque non volli pubblicare mai.
Ma quel giorno… quel giorno capii. Non mi ero mai sentita meglio. Il tempo, mentre scrivevo, sembrava non bastare mai. Non sentivo più ciò che c’era intorno.
Ero presente.
Ero felice.
Ero al posto giusto nel momento giusto.
Era il mio tutto.
Qualche anno dopo arrivò anche la pratica della meditazione, e a quel punto fui a casa.
IKIGAI, TROVA IL TUO SCOPO
Non conoscevo ancora questa parola, ma avevo trovato il mio ikigai, una parola giapponese che vuol dire ragione di vita, scopo della vita.
Ikigai indica quel connubio perfetto tra:
fare qualcosa di cui il mondo ha bisogno, ciò che ami, ciò che sai fare molto bene, ed essere anche pagato per farlo.
È una condizione rara, lo so, ma non si tratta di fortuna. Per raggiungere e comprendere il proprio ikigai, è fondamentale imparare a conoscersi, capire chi siamo e cosa vogliamo, ciò che ci fa stare bene.
L’ikigai non cade dal cielo. Costa sacrifici e rinunce, costa molta disciplina, ricerca e consapevolezza.
Qual è il prezzo da pagare per raggiungere i propri sogni? Anche con questo dovremmo fare i conti.
Qual è quella cosa che vi fa alzare volentieri dal letto la mattina?
Per me è sapere di poter scrivere un nuovo libro, un nuovo articolo e di poter insegnare mindfulness agli altri per farli stare bene.
Perché quello che dà significato allo scopo, è sapere di poter essere utile anche per gli altri.
Con i miei libri cerco di fare del mio meglio per divulgare l’importanza della consapevolezza, cercando di spiegare con parole semplici concetti che sono complicati.
Ho studiato filosofia, amo i libri, non mi interessano i like e i followers. Per me, quello che conta, è riuscire a far avvicinare le persone alla pratica della meditazione con etica e preparazione.
Bisogna studiare, comprendere e praticare seriamente per cogliere il senso e i benefici dello yoga, della meditazione e della mindfulness.
Ma anche dopo anni di pratica, se non saremo riusciti a individuare ciò per cui valga la pena vivere, sarà impossibile sentirsi quantomeno sereni, se non proprio felici.
La consapevolezza serve anche a individuare qual è il significato della nostra esistenza, per poi metterla a servizio.
“Essere ciò che siamo, diventare ciò che siamo capaci di diventare, questo è il solo fine della vita”.
Robert Louis Stevenson